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L'essenza di un Padrone


di MisterGrey
23.09.2024    |    2.835    |    1 9.4
"Quando la sua resistenza sembrò vacillare, la trattenni, affondando ancora di più, sfidando i suoi limiti..."
Il buio si era appena adagiato sulla città, mentre varcavo la soglia di quella casa. Le luci soffuse creavano un'atmosfera intima, quasi complice. L'orologio non segnava un'ora tarda, ma il tempo sembrava sospeso in quell'istante. Lei, in cucina, si muoveva con grazia, preparandomi un drink, ignara del mio ingresso.
Mi accolse lui, con un sorriso accennato, facendomi strada, ma un gesto della mia mano lo fermò all’altezza del divano. Mi guardò sorpreso, mentre io, con un cenno, gli indicai di accomodarsi. Incerto, si sedette, obbedendo.
Lei era di spalle, il suo corpo delineato da un abito chiaro che sfiorava appena le ginocchia. I tacchi alti disegnavano le curve dei suoi fianchi in modo provocante, mentre il suo culetto sporgeva verso di me. I capelli raccolti lasciavano scoperto il collo e le spalle, una visione che emanava una sensualità silenziosa.
Mi avvicinai silenziosamente, le cinsi i fianchi con il mio braccio, e con la mano libera iniziai a carezzarle il collo, un gesto che culminò in un bacio delicato, ma carico di intenzioni. Le mie dita si muovevano sicure, esplorando la sua pelle, mentre la mia mano scivolava più in basso, fermandosi su quel punto che desideravo. Con un tocco deciso, sbottonai il suo vestito, lasciando che scivolasse ai suoi piedi, rivelando la sua lingerie audace, calze auto reggenti e l’assenza di mutandine, un dettaglio che accese immediatamente il mio desiderio.
Lei prese due bicchieri, uno per me e uno per sé, e con un'eleganza disarmante venne a sedersi sulle mie gambe. Le sue mani, dolci e decise, mi accarezzavano, mentre le sue labbra cercavano le mie, e i nostri respiri si confondevano in un vortice di passione crescente. Poi, come spinto da un impulso improvviso, le ordinai di inginocchiarsi. Il mio comando la sorprese, ma senza esitazione, si chinò ai miei piedi, iniziando a leccarmi con una devozione che conosceva bene. Sapeva cosa amavo, e quel gesto mi fece tremare di piacere.
Non ci fu bisogno di altre parole: si mosse decisa, sbottonandomi e liberandomi dai vestiti, esponendomi completamente a lei. Iniziò a esplorarmi con la bocca, mentre io, dominatore, la osservavo e le permettavo di avanzare mentre, alzandomi le gambe diresse le sue attenzioni verso il mio culo, esplorandolo con la lingua e cercando di penetrarlo. 
Il marito era lì, seduto, impotente, testimone della scena, i suoi occhi fissi su di noi, ma senza poter intervenire. “Puoi solo guardare!”, gli avevo detto con un sussurro severo.
Lei, intanto, si concentrava, prendendomi con sempre più voracità. Le sue mani scorrevano sul mio corpo, e la sua bocca si spingeva sempre più in profondità, come se volesse consumarmi del tutto. Fu a quel punto che prendendola per i capelli la portai sul mio cazzo ormai durissimo e lo affondai nella sua bocca per farlo inghiottire tutto. Quando la sua resistenza sembrò vacillare, la trattenni, affondando ancora di più, sfidando i suoi limiti. 
Una lacrima scese, una piccola perla di sofferenza e piacere, la asciugai con un bacio, mentre i suoi occhi lucidi e rossi mi fissavano. "Sei un bastardo," sussurrò con un sorriso stanco ma complice, e io non potei che rispondere: "E tu sei la mia puttana." Lo dissi guardando dritto il marito, rendendo ancora più chiaro il dominio che esercitavo su di lei.
Lui, il marito, fremendo nell'attesa, non riusciva a staccare gli occhi da noi. "Adesso ti faccio un regalo," gli dissi con tono deciso, "vieni qui e leccare il suo culo, bagnalo e preparalo per me." Come un cane addestrato, si avvicinò e cominciò a soddisfare il mio ordine, leccando con entusiasmo. Appena il piacere si fece troppo intenso, lo scacciai. "Adesso basta," ordinai, "mettiamoci a pecora, voglio che ti guardi bene mentre godi."
Lei si posizionò come le avevo detto, il viso rivolto verso di lui, il corpo offerto completamente a me. Prima la colpii con delicatezza, poi con forza crescente, il suono dei miei schiaffi rimbombava nella stanza, finché la sua pelle non si arrossì. "Apriti," le ordinai, e lei, senza esitare, divaricò le natiche per me. Mi fermai un attimo, sputai, e poi, con un gesto deciso, la afferrai per i capelli come si fa con una puledra allo stato brado e affondai tutto me stesso in lei. Un grido di dolore riempì prepotentemente la stanza seguito dalle sue parole: "Trattami come merito, sono la tua puttana."
Quelle parole accendevano il mio desiderio. La prendevo con foga spingendolo dentro con ancora più forza e vigore, tutto, mentre il nostro ritmo diventava frenetico, fino a quando, esausto ma soddisfatto, sentii il piacere esplodere dentro di lei, lasciando che il mio seme la inondasse. Era una sensazione potente, quasi prepotente, come se il mio dominio fosse completo.
Quando tutto fu finito, la guardai. "Alzati," dissi. Poi, rivolgendomi a lui, aggiunsi: "Ora tocca a te. Vieni qui e bevi dal culo di tua moglie." Senza esitazione, si inginocchiò dietro di lei, prendendo tutto ciò che avevo lasciato. Il mio seme, caldo e abbondante, scivolava dalle sue labbra. Alzando lo sguardo, mi chiese con gli occhi cosa fare. "Baciala," gli ordinai. E lui lo fece, con passione e devozione, mentre il mio seme scorreva lungo i loro visi, unendo quei due corpi che avevo completamente sottomesso.
Una scena romantica, in fondo, sotto la patina della lussuria e del dominio.
Un momento in cui ogni cosa si era allineata alla perfezione del desiderio.
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